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Studiare gli elaborati che Marcello Guido prepara per avvicinarsi alle proprie opere è fondamentale per poter comprendere la sua architettura. Non tanto per ricevere chiarimenti riguardo le complesse spazialità che lo stesso compone, quanto piuttosto per immergersi dello spirito del processo inventivo che le immagini denunciano: prospetti, sezioni, planimetrie crollano l’una sull’altra, le linee degli elaborati invadono lo spazio riservato al vicino, agganciandolo e trascinandolo nel proprio dominio. Fusioni di più visuali astratte rendono impossibile la lettura del soggetto, salti di scala improvvisi fanno ergere al centro di una pianta dettagli architettonici che appaiono a prima vista tronchi di immense strutture.
Le linee vengono violentemente manipolate, le campiture di colore sfumano a formare un cielo, poi una vetrata, infine la base di un terrapieno che si fonde ambiguamente con il prospetto di un palazzo che si percepisce da lontano. Gli alzati guadagnano indipendenza da ogni altro elaborato, e così si specchiano, si sovrappongono, ridondano informazioni. Rimozioni e cancellature diventano strumenti di esplorazione della forma. Le stesse architetture, a cui questi disegni sono propedeutici, istigano quest’atteggiamento dissacratorio: i corpi di fabbrica si sgretolano, lanciando sviluppi murari su diagonali, facendo sì che, pure negli elaborati tecnici, piante e sezioni, debbano forzatamente contaminarsi tra loro.
Fu Vasari, dopotutto, a parlare dello schizzo come «una prima sorte di disegni che si fanno per trovare il modo delle attitudini et il primo componimento dell’opra, e sono fatti in forma di una macchia, accennati solamente da noi in una sola bozza del tutto», espressione del «furor dello artefice», il quale ricorre a questa forma di rappresentazione «per tentare l’animo di quel che gli sovviene». Tratto da “Surfing complexity. The work of Marcello Guido di Carlos Villagomez.
Dettagli del progetto: Museo Lavori: 2002 – 2006
Committente: Comune di Bisignano
Progetto: Architetto Marcello Guido
Il progetto nasce dall’esigenza di esporre un’antica carrozza nobiliare ceduta all’amministrazione comunale di Bisignano. L’edifico, di dimensioni molto ridotte, sorge sul retro di una chiesa tardo-gotica, nell’area un tempo occupata dall’annesso complesso monasteriale demolito disinvoltamente negli anni ‘50 per costruire un autolavaggio industriale. L’altra parte dell’area, liberata dai manufatti industriali, è occupata da alcune gradonate che formano un piccolo teatro all’aperto, ma riparato da una copertura lignea. Al centro del teatro vi è una pavimentazione vetrata che mette in luce un’antica cisterna per la raccolta delle acque, voltata a cupola e di cui si era persa memoria, ma che è stata rinvenuta intatta durante gli scavi fondazionali. Il progetto presenta alcuni accorgimenti energetici e un’attenzione verso la sostenibilità: non vi sono aperture sul fronte Sud per evitare il surriscaldamento estivo degli interni a causa dell’effetto serra, l’edificio è energicamente autonomo e fornisce energia elettrica alla reta di illuminazione pubblica, il verde è integrato nella progettazione e l’antica cisterna è stata riconvertita allo scopo originario per la raccolta delle acque piovane, ai fini di irrigazione delle aiuole.
Il progetto e il plastico sono stati in mostra a Istanbul durante il congresso dell’UIA 2006
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